di Francesco Lamendola
Monsignor Perego non solo predice, ma prescrive il meticciato quale futuro dell’Italia. Ma è più che evidene che, se il popolo italiano si sta estinguendo, l’ingresso di un incessante flusso di migranti ne affretterà solo la fine.
Non perdono un’occasione per sparare le loro bordate; non trascurano il più piccolo spiraglio per andare all’attacco e imporre con prepotenza, e con assoluto disprezzo delle opinioni altrui, la loro visione della società futura, anche molto al di là e molto al di fuori dell’ambito di loro competenza, che è, o dovrebbe essere, quello spirituale e religioso: tale è lo stile dei cardinali e dei vescovi della neochiesa massonica al tempo di papa Bergoglio.
Le ultime bordate le ha sparate il nuovo vescovo di Ferrara, Gian Carlo Perego, che è anche il Direttore generale della fondazione Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana che si occupa dei “migranti” e dei “profughi” – ci sia lecito virgolettare queste due parole, visto l’abuso inaudito che se ne fa nel linguaggio corrente del buonismo politicamente corretto – che giungono in Italia. A Ferrara, monsignor Perego c’è andato in sostituzione del vescovo Luigi Negri, sostenitore di una linea più vicina al sentire del pontificato di Benedetto XVI e, dunque, rappresentante del “vecchio”; mentre Perego è un uomo del nuovo corso bergogliano, e papa Francesco ha voluto metterlo proprio lì per sottolineare una rottura, una netta discontinuità rispetto al suo predecessore. Fra l’altro, il vescovo emerito Negri si è permesso di dire che le dimissioni di Ratzinger hanno probabilmente a che fare con un complotto ordito negli Stati Uniti, alla Casa Bianca, da parte dell’amministrazione democratica di Barack Obama: affermazione gravissima, dalle devastanti implicazioni anche per quel che riguarda la legittimità dell’elezione di Francesco, e che la stampa, naturalmente, ha fatto di tutto per silenziare o per minimizzare.
Dunque, il baldo neovescovo ferrarese, nel più perfetto stile bergogliano, cioè sparando con tono apodittico e tracotante considerazioni personali fatte passare per verità oggettiva, indiscussa e indiscutibile, si è presentato alla trasmissione televisiva Coffe Break, su La 7, il 1° maggio scorso, e, dopo aver dichiarato che contro le Organizzazioni Non Governative che prendono a bordo i “profughi” e li sbarcano in Italia, è stato aperto “un fuoco politico ipocrita e vergognoso” (non è chiaro se si riferisca alle dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, il quale ha denunciato le connivenze e le complicità, anche finanziarie, tra alcune di esse e gli scafisti della Libia, o a chi altro), ed auspicato che i “migranti”, sono parole sue, non siano “due volte vittime”, ha poi testualmente proseguito: Sono troppi coloro che stiamo accogliendo? 175.000 persone se accolte in maniera diffusa negli ottomila comuni italiani – valorizzando percorsi personali di accompagnamento e di integrazione, utilizzando le risorse disponibili per un servizio nuovo e per figure come educatori, mediatori, ecc. che possono essere utili per creare e favorire dialogo e inserimento sociale sul territorio – credo sia un atto intelligente e di responsabilità. Tanto più in un Paese che sta morendo – nel 2016, 150.000 morti in più rispetto alle nascite e che può trovare un suo futuro in percorsi di “meticciato” – come più volte ha detto il cardinale Angelo Scola – come è sempre avvenuto nella storia italiana, questa volta in maniera pacifica. È chiaro che anche nell’accoglienza diffusa dei migranti, l’Europa deve finalmente svegliarsi dal sonno e promuoverla in tutti e 27 i Pesi europei.
Ancora una volta, dunque, costoro, i cardinali e i vescovi buonisti e progressisti, che parlano sempre dei ”migranti” e mai di Nostro Signore Gesù Cristo, rivendicano l’esclusiva dell’intelligenza e della responsabilità; come sempre, tracciano una linea netta fra chi ha capito e chi non ha capito, fra chi è buono e chi è cattivo, fra chi è aperto e chi è chiuso, fra chi getta ponti e chi innalza muri, e si scelgono un posto in prima fila nello schieramento dei buoni: quello, guarda caso, politicamente corretto, cioè sostenuto dall’alta finanza, dai media, dalla maggior parte delle forze politiche e dell’establishment intellettuale, o pseudo-intellettuale; ma non quello dei milioni di italiani poveri, dei piccoli risparmiatori rovinati dalle banche, degli operai che hanno perso il posto di lavoro, dei pensionati costretti a vivere nei quartieri sfigurati da spaccio, prostituzione e criminalità, ostaggi in casa loro, esposti a violenze e rapine quotidiane: tutta gente che, su questo tema dei cosiddetti migranti, così come su diversi altri temi molto cari ai vertici della neochiesa bergogliana, la pensano in tutt’altro modo, e, se fosse data loro la possibilità di far sentire la loro voce, forse manderebbero a quel paese sia il cardinale Angelo Scola che il neovescovo Gian Carlo Perego, e tutti i cattolici progressisti, massoni e semiradicali che vogliono somministrare al popolo italiano, che piaccia o che non piaccia, una minestra indigeribile in salsa modernista.
Ma venendo ai contenuti del bel discorsetto di monsignor Perego, quello che balza all’occhio, e lo vedrebbe anche un bambino, è la stridente contraddizione logica fra la constatazione che il popolo italiano “sta morendo” per il crollo verticale delle nascite, e la volontà di minimizzare il fenomeno delle odierne migrazioni, con relativa sostituzione di popolazione, sul nostro territorio, laddove egli dice che il popolo italiano ha subito continui fenomeni di meticciato nel corso della storia, solo che questa volta, per fortuna, si tratta di un processo che avviene in maniera pacifica. Ma è evidente che, se il popolo italiano si sta estinguendo, l’ingresso di un incessante flusso di migranti ne affretterà la fine; e che, se pure il meticciato fosse la “soluzione” al crollo demografico, com’egli sembra voler dire, il risultato sarà, comunque, la scomparsa del popolo italiano.
Peraltro, il buon vescovo si è scordato di dire che le precedenti invasioni – i goti, i longobardi, i normanni – erano, per lo più, di buon ceppo europeo, e la civiltà latina, insieme alla Chiesa cattolica, furono capaci di assimilare quei popoli, convertirli, trasformarli in parte integrante della società; mentre il 90% dei cosiddetti migranti attuali sono di religione islamica, tenacemente attaccati ai loro usi e alle loro tradizioni, e moltissimi di essi non mostrano alcun desiderio, né alcuna volontà d’integrarsi, semmai il contrario, di convertire, un po’ alla vota, gli italiani alla loro religione e ai loro valori, e di sovrapporre la loro civiltà, i loro stili di vita, le loro convinzioni profonde, ai nostri.
Non si capisce, pertanto, da quale colpo di bacchetta magica, da quale abracadabra dovrebbe scaturire la “salvezza”, o anche semplicemente il “futuro”, del popolo italiano: sommando le nostre culle vuote e l’alta prolificità degli immigrati, non occorre esser dei geni della statistica per capire che nel giro di neppure tre generazioni noi verremo comunque spazzati via, cancellati dal nostro territorio, e che la nostra tradizione e la nostra civiltà saranno votate all’estinzione, così come è accaduto alle civiltà dei maya, degli aztechi, degli incas, e di parecchi altri popoli del passato.
Le dichiarazioni di monsignor Perego, espresse con tanta decisione e quasi con aria di provocazione e di sfida, come se il meticciato fosse il destino storico e inevitabile del nostro popolo, e quasi che il compito della Chiesa fosse quello di favorirlo e, per usare le sue parole, “accompagnarlo”, denotano oltretutto una totale mancanza di realismo, visto il quadretto idilliaco che egli dipinge delle strategie per accogliere e integrare questo incessante flusso umano. Si direbbe che monsignore non sia mai stato a vistare un centro di accoglienza, o che lo abbia fatto con il paraocchi ideologico impostogli dal suo buonismo a tutto campo. Non ha mai sentito dire che molti di codesti “migranti”, mentre sono ancora in attesa di sapere se la loro richiesta di asilo verrò accolta, se ne vanno in giro a commettere ogni sorta di reati, dalla rapina, allo spaccio, allo stupro, all’omicidio? Non sa che basta il minimo contrattempo perché diano luogo a delle vere e proprie ribellioni, sequestrando il personale che si occupa di loro e minacciando violenze, se le loro richieste non verranno accolte? Non sa che si rifiutano perfino di raccogliere le foglie dei viali, se non ricevono, prima, la garanzia che le loro domande di soggiorno verranno accolte?
Ma in che mondo vive, monsignor Perego? Si dà le arie di essere capace di guardare le cose in faccia come sono, senza illusioni, senza veli, e poi dimostra di vivere letteralmente in un altro mondo, dove bastano quattro chiacchiere sui percorsi di accompagnamento per trasformare in rose e fiorellini l’inferno quotidiano di queste migliaia di persone quasi sempre indisciplinate, spesso malavitose, violente, senza voglia di lavorare, senza alcun rispetto per il Paese che le ha salvate, accolte e sfamate; gente che non esita a rovesciare in terra il piatto della pastasciutta, perché pretende un menu più vario… e questo mentre milioni di italiani vivono in povertà e non ricevono nessuna forma di sostegno da parte dello Stato, ma solo l’aiuto dei parenti e degli amici.
E in quale Europa vive, monsignor Perego, quando dice che essa dovrebbe darsi una svegliata e distribuire fra tutti gli Stati il flusso dei migranti? Non sa, o finge di non sapere, che gli altri Paesi d’Europa non li vogliono, puramente e semplicemente; e che, forse, sono loro ben più svegli di noi, dato che hanno valutato a colpo d’occhio cosa significherebbe aprire le frontiere a qualunque numero di stranieri richiedenti asilo: cioè venire espropriati della propria identità e della propria sopravvivenza?
Era perfettamente naturale che le sue parole suscitassero delle reazioni, anche a livello politico, e così è stato. Ma monsignor Perego non è uno che si prende il tempo di riflettere; proprio come il papa, è uno che passa continuamente all’attacco, che gioca sempre a centrocampo, che non arretra di un passo, anzi, raddoppia ogni volta la posta, e, se necessario, la triplica o la quadruplica. Detto, fatto: a strettissimo giro di posta, ha voluto far sapere che le reazioni di perplessità e di critica, suscitate dal suo discorso, non lo hanno minimamente turbato o intimidito; tutt’altro. Ed ecco la seconda serie di bordate: questa volta, usando di nuovo parole e concetti cui siamo già abituati da papa Francesco, ha affermato che ascolterà Salvini, ma che, comunque, indietro non si torna. Chi sia lui per dire e per decider una cosa simile, che indietro non si torna, e con quale autorità o legittimità lo dica, nessuno lo sa. Poi, sempre parlando con i giornalisti de La Nuova Ferrara, il 6 maggio (non si è preso nemmeno una settimana di tempo per riflettere), ha ribadito testualmente: Il meticciato è una realtà ineludibile. Non sono opinioni, ma dati certi. Neppure l’immigrazione risolverà il problema demografico. Non correggo il tiro, indietro non si torna. Se Salvini chiederà un’udienza, gliela darà volentieri. Ma non si può travisare la realtà per fini politici. Siamo un Paese che sta invecchiando rapidamente, se ci chiudiamo moriamo. Penso a Ferrara che ha quattordici morti ogni sette nascite, o a Bondeno, quindici su quattro. E parlo di realtà attuali, non di prospettive. Come dice anche il cardinale Scola, se non siamo capaci di promuovere una cultura dell’incontro, non abbiamo speranza.
Una cultura dell’incontro: che belle parole! Ma monsignor Perego legge i giornali, conosce i fatti di cronaca? Ha mai sentito parlare di quella coppia di anziani che abitava a Mineo e che è stata uccisa in casa sua da un “profugo” del vicino centro di accoglienza… la donna gettata dal balcone? Ha mai sentito parlare di padre Hamel, sgozzato nella sua chiesa da due ragazzi che gridavano: Allah akbar? Ha mai sentito dire che in Africa e nel Vicino Oriente i cristiani sono uccisi, violentati, derubati, costretti a fuggire a milioni dalle loro case e dalla loro patria, per mano di quelli che lui si propone di accompagnare ed integrare, come fosse la cosa più logica e naturale del mondo? Chi è, allora, che travisa la realtà: coloro che avanzano dubbi, che sono giustamente preoccupati, che ormai vivono come ostaggi in casa propria, oppure lui e i cardinali e vescovi progressisti e massoni, islamofili e buonisti a un tanto il chilo?
Quanto all’affermazione che il meticciato è una realtà ineludibile, ha pesato bene le parole, prima di ribadirle con tanta sicumera? Se sì, allora si tratta dell’ennesima conferma che la neochiesa bergogliana, rappresentata da lui e tanti altri come lui, ha definitivamente gettato la maschera: non ha niente a che fare con la vera Chiesa cattolica, perché ha sostituito al Vangelo il naturalismo (Naturalismo è accettare il fatto come qualcosa di definitivo e indiscutibile; naturalismo è considerare i fatti sociali alla stregua di fatti naturali). C’è un determinato fenomeno, dunque esso è indiscutibile.
Non desideriamo essere offensivi nei confronti di nessuno, ma, tanto per capirci: il fatto che ci sia la droga, che ci siano i delinquenti, gli aborti, l‘eutanasia, che ci sia la prostituzione, che ci siano i sodomiti, i pedofili, è, dunque, qualcosa che non può essere “discusso”? Qualcosa che va accettato e basta, in nome del realismo? Dunque la sola cosa che si può fare di fronte ai fenomeni sociali è accettarli e, al più, attuare percorsi di accompagnamento e integrazione? No, questo non è il Vangelo. Gesù Cristo non parlava così; non diceva: Siccome ci sono gli adulterî, dobbiamo accettare la realtà dell’adulterio; ma disse, invece, all’adultera: Va’, e non peccare più…
Articolo di Francesco Lamendola
Fonte: http://www.ilcorrieredelleregioni.it