di AM (Weltanschauung Italia)
Mi capita sempre più spesso di camminare per la mia città e di sentirmi un’estranea.
Vedo ragazzini tatuati e bestemmianti che strozzano pitbull al guinzaglio; madri che spingono passeggini contenenti fagotti silenziosi assorbiti da video demenziali proiettati a ciclo continuo; accattoni che inseguono la gente per la strada per vendere fazzoletti, ombrelli e braccialetti; alle orecchie arrivano suoni di lingue sconosciute, sentire l’italiano, ormai, anche in una città di provincia, è una rarità.
Agli angoli dei palazzi crescono erbacce, i marciapiedi sono luridi e sbrecciati; tante saracinesche sono tirate giù oppure, laddove c’era un negozio, al suo posto hanno aperto una finanziaria.
Nei manuali di Sociologia sono definiti “outsider” quegli individui che deviano rispetto ai canoni di normalità definiti da una società. Quei parametri sono saltati. Si paga un prezzo per essere usciti dalla caverna di Platone: si guarda con occhi nuovi la realtà, se ne avvertono le astrusità e si detestano le menzogne.
Ci raccontano le favole dell’Europa che stanzia milioni per il nostro sviluppo, dell’energia green e delle città da 15 minuti che salveranno il pianeta, dei vaccini pediatrici per il bene dei bambini, della società democratica fatta di unicorni arcobaleno per salvaguardare i diritti civili, del fuck patriarcato perché le donne contano.
Ci si sente outsider, diversi. Schegge impazzite che non rispettano le regole del sistema e che godono sempre più proprio nel trasgredirle, quelle maledette regole.
Si guardano gli altri, loro, come una specie diversa: atomi funzionali all’apparato, utili idioti sempre pronti a rispondere al condizionamento “pavloviano”.
Articolo di AM (Weltanschauung Italia)
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