Putin, Babbo Natale e gli Asini che Volano

di Giorgio Cattaneo

Letteralmente spettacolare, oggi, l’impatto con la verità: a smentire i narratori provvede, ogni giorno, la storia che stiamo vivendo. Di quello che ci hanno raccontato, negli ultimi anni, non era vero niente. Domanda: in quanti se ne sono accorti?

“C’era una volta un popolo di gente ingenua, che credeva a Babbo Natale. Ma per loro, in realtà, Babbo Natale era l’Uomo del Gas”. La voce è quella del tamburino Oskar. Immagini: la sinagoga data alle fiamme, all’alba del nazismo. Il film è “Il tamburo di latta”, di Volker Schlöndorff, Palma d’Oro a Cannes nel ’79. Pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Günter Grass: impietoso apologo sul blackout psicologico di quegli anni tenebrosi.

Perché si parla, ancora e sempre, del fenomeno che Wojtyla definì “male assoluto”? Forse per la dismisura antropologica di quell’unicum storico: un abominio senza precedenti. Uno sterminio mostruoso, accuratamente pianificato e condotto con metodo. Assoluta precisione, freddezza burocratica e cura maniacale dei dettagli.

A colpire non è solo l’inarrivabile ferocia delle SS, ma anche la premeditazione da parte di oscuri, grigi funzionari: come gli ingegneri che progettarono le gaskammer, i forni crematori. E i sistemi di refrigerazione per rendere tollerabile, d’estate, il “lavoro” dei sonderkommando, tra cataste di corpi scheletrici.

Usa, Nazismo e Ucraina

Si parla continuamente, del sommo orrore, anche perché non è mai passato di moda: c’è sempre qualcuno che, da qualche parte, sventola la svastica. Succede ancora oggi in Ucraina, grazie ai reparti – ieri paramilitari, ora integrati nelle forze armate regolari – sostenuti dal potere straniero che utilizza il regime di Kiev (e le reclute ucraine) per servire il disegno imperiale atlantista, a spese delle popolazioni locali.

Come ha ricordato Massimo Mazzucco, il marchio della croce uncinata vanta una lunga tradizione transatlantica: i nazisti ucraini (fanatizzati da Stepan Bandera) nel dopoguerra restarono sul territorio come cellule dormienti della Cia. Spine nel fianco del potere sovietico e poi russo, da risvegliare all’occorrenza: fino al sanguinoso golpe di Maidan del 2014.

Lo stesso nazismo originario – tedesco – fu foraggiato sottobanco da settori della grande finanza anglosassone. Operazioni inconfessabili, eterogenesi dei fini: “creo” un mostro, che poi mi servirà nei decenni a venire. Tra gli obiettivi strategici di lungo periodo: l’abbattimento della sovranità russa. Una storia nella storia, che oggi sembra vivere una sorta di drammatica resa dei conti.

Kursk: le Radici dell’Odio

Lo scrittore Nicolai Lilin, tratteggiando il carattere anche tattico della strage attualmente in corso sulle rive del Dnepr, qualche giorno fa ha rievocato la “Battaglia di Kursk”. Estate 1943: forse lo scontro più decisivo della Seconda Guerra Mondiale. Per la prima volta, la Germania nazista comprese di non essere invincibile. Si schiantò contro la tenacia e il coraggio di un immenso paese aggredito: l’Unione Sovietica.

A Kursk, nella più grande battaglia che sia mai stata combattuta con mezzi corazzati, i sovietici riuscirono a distruggere qualcosa come 2.500 panzer tedeschi. Il grande stratega della vittoria dell’Armata Rossa era il generale Nikolaj Vatutin. L’eroe di Kursk, però, non riuscì mai ad arrivare a Berlino: nel 1944 cadde in un’imboscata tesagli dagli ucraini che avevano accolto Hitler come un liberatore. Non a caso, qualche anno dopo, il capo dei nazisti ucraini – Bandera – fu raggiunto e ucciso, in Germania, dai killer del Kgb.

Un intellettuale come Moni Ovadia punta spesso il dito contro l’incendio del nazionalismo. Quello ucraino risale alla tragedia del cosiddetto “Holodomor”, il “genocidio per fame” dell’inizio degli anni Trenta. Carestia deliberatamente provocata da Stalin per spezzare la resistenza dei “kulaki”, i piccoli proprietari terrieri, contrari alla collettivizzazione forzata dei loro terreni. Un dramma spaventoso, con milioni di morti. Nella sola Ucraina?

L’Holodomor e l’Urss

No, risponde Nicolai Lilin: anche alcune zone della Russia meridionale subirono la stessa sorte. Nazionalismo russo? Non certo nel caso dell’Urss: era ucraino uno dei protagonisti dell’Ottobre, come Zinoviev, accanto a Lenin. Ucraini pure gli stalinisti Vorošilov e Kaganovič. Il terribile Berija veniva dall’Abkhasia: era caucasico, come il georgiano Stalin. E il suo successore, Khrushev, era stato capo del partito a Kiev: sarà proprio lui a “regalare” la Crimea (russa, da sempre) all’amministrazione ucraina, sia pure sotto il controllo di Mosca.

Se oggi la Russia conserva il carattere imperiale (zarista, poi sovietico: uno Stato multietnico e multinazionale, con un’infinità di lingue e minoranze), la missione politica dell’Urss era palesemente internazionalista. Obiettivo dichiarato: abbattere le frontiere nazionali, per promuovere la vagheggiata rivoluzione – mondiale – del “proletariato” sfruttato dal capitalismo, secondo la visione marxista.

Soffiare sul fuoco del nazionalismo – sostiene Moni Ovadia – è un modo piuttosto classico di imbrogliare le carte. A rimetterci sono sempre loro, i popoli: che invece avrebbero tutto da guadagnare se le frontiere fossero aperte, senza reticolati. E come si arriva, allo scontro? Fabbricando letteralmente il nemico: trasformando il vicino in un orco. Senza capire che, a monte, qualcuno investe oscuramente nella manipolazione. E punta a infiammare i cuori per azzerare i cervelli.

Nazionalismo e Menzogne

Succede sempre, è una specie di malattia cronica. Leva fondamentale: la paura. È con il peggiore degli strumenti – il terrore – che si ottengono i risultati più sconvolgenti. La premessa: mentire. Raccontare regolarmente il contrario della verità. Deformare la realtà, enfatizzarne alcuni aspetti e oscurarne la sostanza. Così si costruisce l’odio, mattone su mattone. Tanto, poi, a morire sul campo saranno i soldati, i civili, i profughi. Non certo gli impresari della carneficina.

Ripeteva Giulietto Chiesa: “come facciamo a dirci ancora democratici, se non sappiamo più quello che sta davvero succedendo? Senza informazione, addio libertà. E senza libertà, non è più possibile parlare di democrazia”. Letteralmente spettacolare, oggi, l’impatto con la verità: a smentire i narratori provvede, ogni giorno, la storia che stiamo vivendo. Di quello che ci hanno raccontato, negli ultimi anni, non era vero niente. Domanda: in quanti se ne sono accorti?

Di qui la sensazione fisica di pericolo: se il potere dominante racconta solo frottole, le popolazioni sono esposte alle peggiori conseguenze. Il rischio aumenta, giorno per giorno, senza che i “maggiordomi” europei escano dall’ipnosi mediatica a cui sottopongono le nostre nazioni. È una lunga vicenda, quella che avvelena l’Occidente, cominciata forse nel lontano 1963 con l’omicidio Kennedy: l’abbattimento materiale, in mondovisione, della politica democratica.

Paura: l’Uomo Nero

Menzogna e disonore: un tunnel, lungo decenni. Le crisi petrolifere, il terrorismo fatto in casa, la strategia della tensione. La paura: del debito pubblico, dello spread, del Covid, del cambiamento climatico. La formidabile disinvoltura dei domatori, insuperabili maestri di illusionismo: capaci di passare in un battibaleno dall’islamofobia alla russofobia. Isis o Putin, è uguale: l’importante è che a mettere paura sia l’Uomo Nero.

Per loro è normale, raccontare che gli asini volano: e l’aspetto sconcertante è che la maggioranza tende ancora a crederci (mentre gli unici a volare, oggi, sono i missili).

Poi magari arriva un brutto giorno, in cui i missili ti cadono sulla testa. E allora scopri di colpo, come il “tamburo di latta”, che quello che applaudivi con tanto entusiasmo non era affatto Babbo Natale.

Articolo di Giorgio Cattaneo

Fonte: https://visionetv.it/putin-babbo-natale-e-gli-asini-che-volano/

FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO
La testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G.I. Gurdjieff
di P.D. Ouspensky

Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto

La testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G.I. Gurdjieff

di P.D. Ouspensky

"Frammenti di un insegnamento sconosciuto" è una lucida esposizione dell'aspetto pratico dell'insegnamento di Gurdjieff. Un totale approfondimento dei problemi della vita e delle norme più dirette ed elementari per rendere migliore l'esistenza dell'uomo.

È la testimonianza di otto anni di lavoro (dal 1915 al 1923) di Ouspensky, filosofo russo, come discepolo del mistico armeno G. I. Gurdjieff. Comunemente riconosciuta come la più completa esposizione del Sistema di Gurdjieff, questo libro è considerato fondamentale da molti seguaci contemporanei della Quarta Via, che lo utilizzano spesso per introdurre i nuovi studenti alle idee di Gurdjieff.

Nel libro compare per la prima volta il simbolo dell'enneagramma. Nel libro l'autore ripercorre il processo di apprendimento del "Sistema" insegnato da George Gurdjieff, che lo portò in seguito a condurre diversi gruppi di ricerca e studio. In tutto il libro, Ouspensky non si riferisce esplicitamente al signor "Gurdjieff", ma utilizza soltanto l'iniziale "G". È comunque risaputo che il signor "G." fosse George Gurdjieff, che insegnò al filosofo russo un antico sistema "esoterico" di auto-sviluppo comunemente noto come la Quarta Via.

Il libro inizia con Ouspensky che torna nella sua casa di San Pietroburgo in seguito ad un'escursione in Oriente, dove era stato in viaggio "alla ricerca del miracoloso". Incontra presto un uomo misterioso, un certo "G.", che ha quelle risposte a cui Ouspensky è andato faticosamente cercando per tutta la vita. Si unisce così alla "scuola" esoterica del signor Gurdjieff, e inizia l'apprendimento di un particolare sistema di auto-sviluppo che aveva avuto origine in Oriente, presumibilmente nel corso della più remota antichità, forse millenni prima della storia.

Ouspensky racconta le prove di apprendimento di questo nuovo sistema, a cui si riferisce in seguito come "Quarta Via", spesso ricordando lezioni intere o parti di lezioni, che il signor Gurdjieff dava ai suoi discepoli. Ouspensky descrive molte delle sue esperienze, soprattutto attorno all'"arte del ricordo di sé", e racconta alcuni dei metodi e degli esercizi che comprendeva il Sistema di Gurdjieff.

Il libro si conclude con le vicissitudini di Ouspensky avvenute durante la rivoluzione bolscevica, alle quali seguì la fuga con il signor Gurdjieff verso l'Occidente. In Europa, tra Francia, Inghilterra e Stati Uniti d'America, entrambi continuarono ad insegnare il Sistema ai propri seguaci fino alla morte.

L'ultima parte di "Frammenti di un insegnamento sconosciuto" descrive anche i sentimenti dell'autore e le motivazioni dietro la sua decisione di insegnare "il sistema" in modo indipendente e non più sotto la diretta supervisione del signor Gurdjieff.

Il libro è stato pubblicato postumo nel 1949 da alcuni studenti di Ouspensky, due anni dopo la sua morte. Il titolo riflette sia l'idea secondo cui il sistema di Gurdjieff doveva essere "assemblato" dallo stesso studente, sia l'opinione che gran parte del sistema originale fosse probabilmente andato perduto nel corso del tempo.

Il libro è suddiviso in varie sezioni che coprono differenti aspetti degli insegnamenti di Gurdjieff, tra cui la psicologia esoterica, l'idea del "quarto stato di coscienza", e le idee di Gurdjieff sul significato e lo scopo della vita umana. Ouspensky include anche delle dettagliate descrizioni dei suoi incontri con Gurdjieff e delle lezioni che ha ricevuto da lui.

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