I sauditi hanno dilapidato miliardi e miliardi di dollari nel tentativo di allargare, tramite jihadismo, la loro area di influenza. Non solo perdono in Siria e in Iraq, ma hanno anche perso contatti con la Turchia e l’Egitto che guardano sempre più verso Mosca.
“Con il crollo del prezzo del petrolio la situazione interna in Arabia Saudita si è aggravata, l’ultima crisi nel settore costruzioni ha visto licenziare stranieri ma anche sauditi. Il “sistema Golfo”, che dal 1973 ha fatto perno su Riad, fungendo da motore economico del mondo sunnita, ha ora un problema di distribuzione della rendita, a cui è legata anche la retromarcia egiziana».
«Credo che il greggio non tornerà mai a quota 100 dollari, l’unica con cui i sauditi potevano far girare il meccanismo. Oggi Riad vede allontanarsi da un lato il Nord Africa e dall’altro la Fratellanza [islamica ndr], centrata su Ankara e Doha. L’icona della perdita di potere dei sunniti è Aleppo: la caduta di Aleppo è stata la consacrazione della sconfitta saudita». Così si esprime il noto islamista Gilles Kepel sulla ‘Stampa’ del 9 dicembre scorso.
La battaglia che si è consumata in Siria, descritta come una guerra civile tra opposte fazioni siriane, in realtà è stata una guerra contro il governo di Damasco, portata avanti da diverse nazioni straniere, tra le quali l’Arabia Saudita appunto, la quale ha fornito le reti logistiche per il reclutamento e l’addestramento di mercenari, oltre ai necessari finanziamenti per pagar loro stipendio, logistica e armi (queste ultime acquistate in Occidente).
La riconquista di Aleppo da parte di Assad, ha suggellato quindi la sconfitta di Ryad. Una sconfitta che giunge dopo quella della Clinton, che da candidata alla presidenza aveva promesso di ribaltare le sorti del conflitto siriano,
Ryad ha dilapidato invano miliardi e miliardi di dollari nel suo tentativo di allargare, tramite jihadismo, la sua area di influenza. Non solo perde in Siria e in Iraq, ma ha anche perso contatti con la Turchia e l’Egitto che guardano sempre più verso Mosca.
Inoltre, non riesce a chiudere la guerra in Yemen, che doveva suggellare i nuovi fasti della Monarchia, che con questo conflitto doveva acquisire definitivamente il ruolo di protettrice anche militare dei più o meno legittimi reami del Golfo arabo. Non è andata così, e anche questa guerra si è fatta maledettamente complicata, tanto che i ribelli Houti, che controllano parte dello Yemen, stanno creando problemi anche in territorio saudita.
Anche l’accordo per la stabilizzazione della produzione del petrolio raggiunto di recente in sede Opec, agognato da tempo dai sauditi, ha rappresentato un’altra sconfitta: di fatto, pur di raggiungere un’intesa che evitasse il crollo del prezzo del greggio, devastante per Ryad, essa ha dovuto accettare più o meno tutte le condizioni poste dall’antagonista iraniano.
Ryad rischia di implodere se non corregge la rotta intrapresa, che l’ha portata a uno scontro aperto contro Teheran e il mondo sciita. Era certa di vincere, stante l’appoggio dell’Occidente. Talmente forte la sicurezza che non ha contemplato alcun ‘piano B’ in caso di sconfitta. Da qui difficoltà ulteriori ad affrontare l’attuale crisi.
Fonte: http://piccolenote.ilgiornale.it/30472/la-sconfitta-dei-sauditi