di Claudio Giua
Fin dove è lecito controllare e, nel caso, oscurare un contenuto pubblicato su una qualsivoglia piattaforma (carta, tv, radio, web…)? Le censure, perfino quelle finalizzate a tutelare i minori o le minoranze, non vanno a ledere il diritto all’informazione?
Negli anni Settanta e Ottanta, in un contesto assai meno complesso dell’attuale, la questione fu posta con forza da Larry Flynt, fondatore della popolare rivista pornografica The Hustler, che con i suoi legali sostenne che impedire la diffusione di immagini e testi espliciti, fosse in contrasto con il primo emendamento della Costituzione americana. Analogamente, in passato sono stati criticati operatori globali come Yahoo! che, in cambio dell’accesso ai mercati di paesi a democrazia nulla o ridotta, hanno accettato qualche compromesso limitante la libertà d’espressione e l’altrui libertà d’essere informati.
Il fenomeno è stato moltiplicato all’infinito dai social network, grazie ai quali chiunque può “pubblicare” online quanto ritiene opportuno comunicare alla propria cerchia di amici o follower. Sempre più spesso capitano incidenti che fanno salire la tensione tra chi chiede il massimo del controllo e chi invece lo teme. Con effetti ovviamente opposti. Qualche mese fa, l’iconica immagine della bambina nuda in fuga da un villaggio bruciato dal napalm in Vietnam, è stata bloccata da Facebook e subito s’è alzato un coro globale contrario alla censura. Il mese scorso, la stessa società è stata invece accusata dai pro-censura di aver contribuito a diffondere notizie inventate o manipolate che hanno poi influito sul risultato delle presidenziali americane.
Facebook, Twitter, Google e gli altri “nuovi editori” hanno già a disposizione gli strumenti per intervenire sui contenuti. In teoria… “a fin di bene”. Ieri è stato rivelato che a breve sarà attivo un servizio di rilevamento automatico del materiale offensivo postato all’interno dei live blogging, le dirette video ospitate da Facebook.
“Intendiamo usare l’intelligenza artificiale per controllare in tempo reale quanto viene pubblicato”, ha detto Joaquin Candela, direttore del machine learning del social di Mark Zuckerberg. “Se per anni Facebook & Co. hanno fatto affidamento sugli utenti per l’individuazione dei messaggi offensivi, la sperimentazione in atto prevede che all’interno di Facebook Live, il nostro servizio di streaming video, un algoritmo rilevi il nudo, la violenza o qualsiasi atto in contrasto con nostre politiche”, ha spiegato Candela.
Perfetto. Resta aperta una questione non marginale: se un regime non democratico già collaudato (Cina, Turchia o Egitto, per citarne alcuni) o uno dei prossimi venturi, chiedesse a Candela o al suo capo Mark Zuckerberg di bloccare gli streaming live con contenuti sgraditi – senza che necessariamente siano pornografici o violenti – quale sarebbe la risposta?
Fonte: http://www.huffingtonpost.it/claudio-giua/effetto-perverso-censura_b_13375560.html