di Federico Zamboni
Una legge che andrebbe senz’altro fatta? Quella sull’idiozia, con reclusione prolungata fino all’eventuale rinsavimento. Ma di questi tempi, ahinoi, le prigioni scoppierebbero.
L’ultima sortita è di Michela Murgia: un articolo per l’Espresso in cui, nelle parole al plurale che terminano in “i”, si sostituisce la desinenza con una pseudo vocale che va sotto il nome di schwab e che consiste in una “e” ribaltata, che si scrive così: “ə”.
Il problema, in linea con le crociate del politically correct e delle rivendicazioni gender, starebbe nel fatto che quella “i” sarebbe prettamente maschile. Pertanto inadatta – anzi offensiva, sopraffattoria e, brrrrrr… patriarcale – quando il termine riguardi sia maschi sia femmine. Nonché, si intende, gli individui di incerta e instabile collocazione tra le due (arcaiche…) alternative. Quali appunto i cosiddetti fluid gender. O se preferite “ə cosiddettə fluid gender”.
La cosa, al pari delle innumerevoli altre sciocchezze di questi fan dell’egualitarismo fittizio, farebbe solo ridere. Se non fosse che loro insistono. E che le loro smanie si stanno diffondendo. E che c’è il fondato rischio che o prima o dopo, con la solita scusa dell’odio e della discriminazione, arrivi qualche legge che le ratifichi e le trasformi in obblighi. Con tanto di sanzioni.
La replica sarebbe elementare, di per sé: “a Miché, quelle ‘i’ non sono davvero maschili. So’ neutre. Su, gentilissima lady Murgia, che se ti impegni puoi riuscire a capirlo: in italiano il neutro non è previsto esplicitamente, ma interpretarlo come tale è lasciato all’intelligenza – quando c’è – di chi legge o ascolta”.
Esempiuccio: chi appartiene al personale carcerario non è che cambi sesso a seconda di come lo si definisce. Se dici “guardie” non diventano femmine all’unisono (festa grande nei bracci maschili, colmi di delinquentacci rozzi e pertanto, verosimilmente, a maggioranza etero). Se viceversa dici “secondini”, o “agenti”, non diventano, o ridiventano, tutti maschi.
Ci vuole tanto, ad afferrare il concetto (con la o)? O l’idea (con la a)? Pare di sì. E una legge, forse, andrebbe fatta su questo. L’idiozia come reato penale con reclusione prolungata fino all’eventuale rinsavimento. Ma di questi tempi, ahinoi, le prigioni scoppierebbero.
Articolo di Federico Zamboni
Fonte: http://www.giornaledelribelle.com