Da Greenpeace al Parlamento britannico, il mondo chiede il divieto delle microplastiche.
La presenza di frammenti di plastica negli oceani è un problema noto da tempo, oggi in crescita esponenziale. Una ricerca di Greenpeace ha mostrato chiaramente gli effetti, sulle creature marine, delle microsfere, minuscole sfere di plastica usate in numerosi prodotti di uso comune (cosmetici e altri prodotti per l’igiene personale).
Studi scientifici provano il loro impatto drammatico sul mare e quindi su pesci, molluschi e crostacei. Ecco ciò che accade: una volta in mare, le microsfere (ma anche altri oggetti di plastica che si frammentano in pezzi molto più piccoli, diventando microplastiche), possono sia assorbire che cedere sostanze tossiche, che vengono poi ingerite da numerosi organismi come pesci, crostacei, molluschi, fino a risalire la catena alimentare arrivando nei nostri piatti. E non a caso Greenpeace ha denominato la ricerca ‘La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare‘.
Purtroppo il problema è che molte imprese del settore dei cosmetici non stanno attuando piani efficaci per l’eliminazione tempestiva delle microsfere. Intanto, su iniziativa dell’associazione Marevivo, è stata già presentata una proposta di legge, una misura precauzionale, al vaglio in numerosi Paesi, necessaria per fermare al più presto il consumo umano di questi materiali. Anche i membri del Parlamento britannico chiedono un divieto mondiale sulle microsfere, che sfuggono ai filtri degli impianti di depurazione poiché sono particelle troppo piccole per essere filtrate, perciò spesso si accumulano nei laghi, fiumi o nel mare.
Si stima che circa 86 tonnellate di microplastiche vengano rilasciate nell’ambiente ogni anno, e queste sono solo quelle provenienti dai prodotti per il viso. Dati allarmanti che chiedono un intervento su vasta scala, ben al di là delle politiche delle singole aziende
Fonte: http://www.lindro.it/la-plastica-dal-mare-ai-nostri-piatti/