di Pietro Di Martino
Trent’anni fa, il ceto medio del nostro Paese rappresentava non soltanto il motore dell’italia da un punto di vista economico ma anche da quello culturale.
A dispetto, infatti, dei vari intellettuali, più o meno borghesi, c’era una famiglia pensante. Ora, non so cosa sia successo negli ultimi trent’anni ma, di quella famiglia, non vi è più traccia. Forse la tv di Costanzo e Fazio, forse la scuola o forse il consumismo sfrenato, fatto sta che per trovare persone con le quali poter ragionare senza stereotipi, tocca spulciare tra la classe 40/70. L’attuale ceto medio o quel che ne resta, non è invece più in grado di prendere decisioni, di ragionare e confrontarsi in maniera civile.
Ho sempre pensato che quando si è veramente ricchi, non ci si pone domande su problemi esistenziali o sulla vita degli altri, e infatti, rari sono i casi di persone “facoltose” che si adoperano per il prossimo. Non parlo soltanto da un punto di vista economico ma anche culturale, politico e sociale. Quando si è ricchi, nella maggior parte dei casi non esistono “fratelli”, non esiste un futuro per il mondo ma soltanto il proprio futuro. Ho come l’impressione che buona parte del ceto medio stia andando verso quella direzione.
Oggi la classe media si divide in due tipologie di famiglie: quelle che diventano sempre più povere, composte per lo più da imprenditori, autonomi e operai, e quelle che vivono in maniera agiata, come gli statali, o dei proprietari, ad esempo, di una farmacia, o genitori che possono contare su dei nonni particolarmente “speciali”. E poi certo non guasta avere anche qualche proprietà. In questo caso non si è ricchi, per davvero, ma ci si comporta come tali ed è questo il motivo per cui la classe media non pensa più.
Non sono le loro abitudini a preoccupare – l’aperitivo, il festino o il selfie – ma piuttosto la loro indifferenza verso l’altro e la banalizzazione del confronto, esattamente come avviene per i ricchi. Chiariamo, per indifferenza s’intende che, mentre si mostrano sempre attenti rispetto all’attualità, magari piazzando qualche cuoricino qua e là sui social, o ripetendo a pappagallo quello che viene detto dagli “esperti” in tv, nella vita reale non si sono mai realmente preoccupati di come aiutare le persone in difficoltà o, quanto meno, adoperarsi a cambiare lo stato delle cose.
Mi spiego. Il fatto di essere sempre in perfetta sintonia con la tv o con quel che viene propinato sui social, senza verificare una fonte o semplicemente porsi delle domande, denota una certa superficialità e, questa, si trasforma inevitabilmente in indifferenza. Se al contrario fossero persone realmente preoccupate, sarebbero anche interessate a capire di cosa si sta parlando e invece, ne sono incuranti. Una cosa l’ho notata, soprattutto durante questo lockdwon, a preoccuparsi di cosa stava realmente accadendo erano e sono rimasti quelli che tirano avanti; al contrario, quel ceto medio-agiato, che una volta pensava e cercava di migliorare le cose, continua ad andare avanti tra luoghi comuni e falsità.
Sarà la loro indifferenza e in alcuni casi ignoranza, a buttarci nel baratro. Magari sbaglio, ma guardandomi intorno, faccio sempre più fatica a pensare che in questo mondo ci sia una reale consapevolezza dei fatti e uno sguardo sincero, verso un futuro migliore.
Articolo di Pietro Di Martino
Fonte: https://sfero.me/article/perch-classe-media-ha-smesso-pensare