di Giancarlo Cinini
Inquinamento atmosferico ante litteram: un’eredità meno conosciuta della Roma antica, che giace nascosta tra i ghiacci del Monte Bianco.
Forse pensavamo fosse una storia soltanto moderna, ma anche il più vasto impero del Mediterraneo inquinava, estraendo e fondendo minerali e rilasciando nell’atmosfera elevate quantità di piombo. Particelle inquinanti che sono rimaste intrappolate per migliaia di anni nei ghiacciai del tetto d’Europa. E che oggi uno studio del Centre national de la recherche scientifique (Cnrs) francese ha studiato per la prima volta, descrivendo sulle pagine di Geophysical Research Letters due picchi straordinari di inquinamento da piombo, durante il periodo repubblicano e quello imperiale.
Le emissioni fotografate nel ghiaccio
I romani avevano bisogno di un minerale di piombo, la “galena”, perché contiene l’argento con cui battevano moneta. Ma per estrarlo il minerale grezzo andava surriscaldato a 1200°C, un processo che rilasciava grandi quantità di piombo nell’atmosfera. In passato, i segni della febbrile attività mineraria romana erano già stati scovati sui ghiacci della Groenlandia. Ma nessuno aveva ancora studiato il fenomeno sulle Alpi, cioè più vicino alle miniere e alle fucine di Roma. I ricercatori francesi hanno effettuato dei carotaggi sulla parte più profonda dei ghiacci del massiccio del Monte Bianco, nell’area di Col du Dôme, che risalgono fino a 5000 anni fa. E prevedibilmente, hanno scoperto emissioni di piombo cento volte superiori a quelle già registrate in Groenlandia. Livelli estremamente alti per l’epoca pre-industriale, appena otto volte inferiori a quelli attuali. Insomma, un alto inquinamento, geograficamente localizzato.
L’inquinamento e la prosperità dell’Antica Roma
Analizzando più approfonditamente, i ricercatori hanno individuato due picchi di emissione, che sembrano corrispondere a due periodi di particolare prosperità della civiltà romana. Il primo, più intenso, si colloca durante il II secolo a.C. Epoca in cui la Res Publica aveva conquistato la fertile Gallia Cisalpina ai piedi delle Alpi, e si ingrandiva a vista d’occhio verso Oriente, mentre Cartagine correva verso il suo definitivo tramonto. L’altro picco è individuato tra l’anno zero e il 200 d.C., durante quella che è considerata l’epoca d’oro dell’impero. Un periodo di stabilità e crescita della Roma Antica che si accompagna a un inquinamento maggiore legato a un’economia più prospera, che ha lasciato una traccia anche nel ghiaccio, e che non a caso diminuisce con la crisi del III secolo.
Riferimenti: Geophysical Research Letters
Articolo di Giancarlo Cinini
Fonte: https://www.galileonet.it/quanto-inquinava-antica-roma/