di Michael Sfaradi
“Aktion T4” è il nome convenzionale con cui gli storici chiamano il Programma nazista di eutanasia che, sotto responsabilità medica, prevedeva nella Germania hitleriana la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e di portatori di handicap mentali.
Cioè delle cosiddette “vite indegne di essere vissute”. La ricerca dell’uomo perfetto è sempre stata la prerogativa di tutte le dittature, di destra o di sinistra, atte a perseguire l’eliminazione di chi, secondo il regime, era un peso per la nazione. Modus operandi tipico del regime nazista o fascista, oppure di quelli comunisti con i Laogai, i famigerati campi di rieducazione cinesi, o con i Gulag sovietici. Metodi diversi per raggiungere lo stesso fine.
Vi chiederete perché alla fine estate del 2019 stia scrivendo di cose che dovrebbero essere relegate nel capitolo degli orrori di tutti i libri di storia, la risposta è semplice: troppi sono i segnali che qualcosa si stia nuovamente muovendo, anche se con mezzi moderni ed estremamente tecnologici, verso lo stesso fine. Cioè creare l’uomo perfetto che pensi in maniera “corretta” secondo degli standard condivisi da “chi ne sa di più”.
Sui mezzi di comunicazione, giornali o televisioni, ma anche durante seminari di giornalismo e comunicazione, ho sentito più volte ripetere che in futuro bisognerebbe dare la possibilità di votare solamente a coloro che hanno una certa cultura o titolo di studio, perché i più ignoranti non hanno, secondo alcune “menti eccelse”, una visione di insieme di come si governa il mondo. Ho sentito anche dire, soprattutto dopo il referendum britannico per la Brexit, che le persone anziane, quelle che in maggioranza si sono espressi per staccare la Gran Bretagna dalla palude europea, non dovevano votare perché non avrebbero avuto tanto futuro da vivere, mettendo fine, di fatto, non solo alla democrazia ma anche alla divina provvidenza.
Alcuni mesi fa il quotidiano La Verità di Maurizio Belpietro ha dedicato un articolo a Gilberto Corbellini, dirigente del C.N.R., che in un proprio articolo pubblicato da Wired, aveva proposto l’uso della “ossitocina” (si tratta di un ormone) per rendere gli italiani più inclini all’accoglienza e meno “salviniani”. Inutile dire che insulti e derisioni hanno subissato la redazione del giornale che però, non aveva poi sbagliato tanto visto che il 16 agosto, con gli italiani in ferie occupati solo a riposarsi, l’Huffingtonpost ha ospitato un articolo blog di Maddalena Marini, ricercatrice dell’Istituto Italiano di Tecnologia intitolato: “La stimolazione cerebrale non invasiva contro pregiudizi e stereotipi sociali”.
La dottoressa Marini nel suo articolo ci dice: “Nel corso degli ultimi decenni, la globalizzazione ha portato a un’intensificazione degli scambi internazionali nella nostra società, favorendo su una scala senza precedenti il crescere dell’economia mondiale e la coesistenza di differenti gruppi socioculturali. Tale processo, però, oltre ad avere certamente aspetti positivi molto rilevanti per l’evoluzione della società moderna, come il superamento dei confini spazio-temporali, la velocità e la circolazione delle comunicazioni, e l’arricchimento culturale, ha portato a ripercussioni e scontri a livello sociale, dovuti allo scambio culturale tra civiltà e culture molto diverse tra di loro. Infatti, nonostante la nostra società sia ora popolata da individui appartenenti a diverse culture, la nostra mente riflette ancora le tracce di un’eredità evoluzionistica dove gli esseri umani vivevano in piccoli gruppi composti da individui con caratteristiche genetiche e sociali simili tra loro, portandoci tuttora a preferire le persone che sono socialmente e culturalmente ‘simili a noi’ rispetto a quelle che ‘differiscono da noi’. A conferma di ciò, la ricerca scientifica ha mostrato che la nostra mente contiene stereotipi e pregiudizi che sono legati alle diverse caratteristiche sociali degli individui, quali ad esempio l’etnia, il colore della pelle, il peso, il genere, l’età, l’orientamento sessuale, politico o religioso, la disabilità e la malattia fisica o mentale”.
Diciamo che questa premessa è abbastanza riduttiva della realtà, ma il problema riguarda principalmente l’idea che questa dottoressa vorrebbe realizzare, e qui c’è di che far gelare i polsi: “L’idea che sto portando avanti con la mia ricerca presso l’Istituto Italiano di Tecnologia è che questi stereotipi siano così instillati nella nostra mente, che l’unico modo per cambiarli sia modificare i meccanismi biologici del cervello responsabili della generazione e controllo di tali stereotipi. In particolare, i miei studi sono volti all’utilizzo di una procedura, chiamata stimolazione cerebrale non invasiva: tecnica appartenente al campo scientifico delle neuroscienze. Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva sono delle procedure considerate sicure che permettono, inducendo delle piccole correnti elettriche o magnetiche, di modulare i meccanismi attraverso i quali il cervello regola il nostro comportamento“.
In tutta sostanza, la dottoressa Marini vorrebbe indurci a cambiare il nostro comportamento usando stimolazioni cerebrali eseguite con delle procedure non invasive e, secondo lei, sicure. Si tratterebbe “soltanto” di piccole scariche elettriche o magnetiche a cui il “popolo bue” dovrebbe sottoporsi per smettere rapidamente di essere razzista, antisemita, islamofobo o altro ancora. Una scarica elettrica e il mondo sarà… tutto rose e fiori, peace and love.
Ma non è tutto perché nel suo pezzo la dottoressa Marini ci dice anche che: “Per far fronte a questo problema, i ricercatori negli ultimi 20 anni hanno cercato di creare degli interventi che siano in grado di modificare tali stereotipi e pregiudizi. Per esempio, è stato scoperto che è possibile ridurre il pregiudizio etnico/razziale, fornendo delle informazioni che vanno contro lo stesso pregiudizio, come per esempio presentare uno scenario relativo a un’aggressione, in cui un uomo bianco interpreta il ruolo dell’aggressore e un uomo di colore interpreta il ruolo del soccorritore. Questi interventi però, nonostante si siano mostrati efficaci hanno prodotto solo risultati limitati, soprattutto, in termini temporali. I loro effetti infatti non sono più presenti dopo qualche ora o giorno”.
Praticamente ci sta confermando che i problemi di oggi hanno radici lontane e che sono più di vent’anni che si porta avanti una sorta di “lavaggio del cervello” di massa sui media di ogni tipo, per arrivare a un risultato che sarebbe invece più logico ottenere, al limite, combattendo l’ignoranza con una sana istruzione. Ma non è ancora tutto, visto che la dottoressa continua dicendoci che: “Studi che hanno iniziato a utilizzare queste tecniche nel campo degli stereotipi, hanno permesso di definire una rete di regioni cerebrali causalmente coinvolte in questi processi e di dimostrare che aumentando o diminuendo l’attività di alcune di queste aree, è possibile ridurre la forza degli stereotipi inconsci, come quello di genere in ambito scientifico e del pregiudizio che porta ad associare atti di terrorismo all’essere di origine araba rispetto al non esserlo. L’uguaglianza è un diritto fondamentale di ogni cittadino e un dovere della nostra società. Le pari opportunità non rappresentano solamente una caratteristica indispensabile per una società democratica, ma anche un fondamento cruciale per l’innovazione, l’economia e il benessere generale di una nazione”.
Bene ha fatto Riccardo Torrescura il 20 agosto scorso sempre sul quotidiano La Verità a denunciare il tentativo di tornare al peggiore dei passati possibili, denunciare come voglio fare anche io con questo mio articolo, una ricerca che vorrebbe raggiungere una tecnologia che in mano a pochi potrebbe far sì che la popolazione umana, in un prossimo futuro, possa essere comandata tramite chip e scariche elettriche come in un pessimo film di fantascienza. Per non permettere che nel giro di un numero di anni queste persone possano decidere per noi ciò che noi stessi vogliamo essere, perché se si può cambiare in meglio lo si può fare anche in peggio, in un metodo che ricorda molto ciò che risulta dalle notizie che filtrano sull’indagine dei bambini di Bibbiano: scariche elettriche per immettere nella memoria ricordi di cose mai accadute.
È impossibile al momento quantificare in quanto tempo queste folli ricerche possano avere applicazione pratica, ma vista la velocità con la quale la tecnologia si evolve, quel momento potrebbe essere dietro l’angolo e per questo dico che tutto ciò deve essere fermato e deve essere fatto subito, con ogni mezzo, senza perdere tempo, prima che sia troppo tardi.
Articolo di Michael Sfaradi – scrittore prestato al giornalismo
Fonte: https://www.nicolaporro.it/ce-chi-vuole-le-scariche-elettriche-per-renderci-pro-accoglienza/
penso di essere stato vittima di numerose scariche elettriche che hanno alterato i miei pregiudizi, perché non ritengo affatto che il terrorismo sia associato all’Islam ma addirittura ritengo che i terroristi siano i ricercatori di c.n.r. ed i.i.t.
confido in una rapida azione dei droni usa anche se, sempre nella mia mente elettricamente scossa, vedo anche questi come terroristi…