Al summit in Vaticano per combattere gli abusi del clero, irrompe il caso di Marcial Maciel, forse il caso più terribile che abbia avuto la Chiesa negli ultimi secoli, affrontato con decisione solo da papa Ratzinger.
A ricordarlo ai 190 capi della Chiesa riuniti con il Papa nell’Aula Nuova del Sinodo, Valentina Alazraki, giornalista messicana decana dei vaticanisti: “Sono messicana e non posso non menzionare il caso forse più terribile che sia accaduto all’interno della Chiesa, quello di Marcial Maciel, il fondatore messicano della Legione di Cristo. Sono stata testimone di questo triste caso dall’inizio alla fine. Al di là del giudizio morale sui crimini commessi da quell’uomo, che per alcuni è stato una mente malata e per altri un genio del male, vi assicuro che alla base di quello scandalo, che tanto male ha fatto a migliaia di persone, fino a macchiare la memoria di chi ora è santo, c’è stata una comunicazione malata“.
Il sacerdote messicano, considerato vicino a Giovanni Paolo II, è morto nel 2008 a 87 anni, dopo essere stato rimosso dal suo ministero per ordine del Vaticano, in seguito alle accuse di abusi ma senza mai essere sottoposto a processo. Dopo la sua morte si venne a sapere anche che aveva avuto tre figli con due donne.
“Non bisogna dimenticare che nella Legione c’era un quarto voto secondo il quale se un legionario vedeva qualcosa che non lo convinceva di un superiore, non poteva né criticarlo né tanto meno commentarlo. Senza questa censura, senza questo occultamento totale, se ci fosse stata trasparenza – dice la giornalista – Marciel Maciel non avrebbe potuto abusare per decenni dei seminaristi e avere tre o quattro vite, mogli e figli, che sono arrivate ad accusarlo di avere abusato della sua stessa prole. Per me questo è il caso più emblematico di una comunicazione malata, corrotta, da cui si possono e si devono imparare varie lezioni. Papa Francesco ha detto alla Curia che, in altre epoche, nel trattare questi temi, c’erano state ignoranza, mancanza di preparazione e incredulità. Io oso dire che c’è stata anche corruzione”.
“È stato grazie ad alcune vittime coraggiose, ad alcuni giornalisti coraggiosi e, penso di doverlo dire, a un papa coraggioso come Benedetto XVI, che questo scandalo è stato reso noto e il tumore estirpato. È importantissimo – osserva la giornalista messicana – imparare la lezione e non ricommettere lo stesso errore. La trasparenza vi aiuterà a essere coerenti con il messaggio del Vangelo e a mettere in pratica il principio secondo cui nella Chiesa non ci dovrebbero essere intoccabili: tutti siamo responsabili dinanzi a Dio e dinanzi agli altri”.
Alazraki ha anche detto: “Se siete contro quanti commettono abusi o li coprono, allora stiamo dalla stessa parte. Possiamo essere alleati, non nemici. Vi aiuteremo a trovare le mele marce e a vincere le resistenze per allontanarle da quelle sane. Ma se voi non vi decidete in modo radicale – osserva – a stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri peggiori nemici”.
“Mi occupo del Vaticano da quasi 45 anni. Quante volte mi è toccato ascoltare che lo scandalo degli abusi è colpa della stampa, che è un complotto di certi mass media per screditare la Chiesa, che dietro ci sono poteri occulti, per mettere fine a questa istituzione!“. “Noi giornalisti – dice – sappiamo che ci sono informatori più rigorosi di altri, e che ci sono mass media più o meno dipendenti da interessi politici, ideologici o economici. Ma credo non si possa in alcun caso colpevolizzare i mass media per aver rivelato gli abusi o informato su di essi. Gli abusi contro i minori non sono pettegolezzi né chiacchiere, sono crimini”.
Alazakri spiega anche che tipo di trasparenza si attenda la stampa. “Credo che sia fondamentale che, a tutti i livelli, dalla parrocchia fino a qui, in Vaticano, ci siano strutture forse standardizzate, ma meglio agili e flessibili, che offrano rapidità e informazioni accurate. Possono essere incomplete ma la risposta non può essere il silenzio o il no comment, perché allora cercheremo le risposte chiedendo ad altri, e saranno quindi terzi a informare la gente nel modo in cui vorranno farlo. Se non disponete di tutta l’informazione necessaria, se c’è già una inchiesta, è meglio spiegarlo nel miglior modo possibile, affinché non si abbia la sensazione che non volete rispondere perché state nascondendo qualcosa”.