di Piero Sansonetti
L’Italia ora è di fronte ai suoi problemi strutturali. Fondati sulla realtà, non sulla percezione costruita dai mass media.
L’Eurispes certifica un dato del quale questo giornale ha parlato già in altre occasioni: non è vero che l’Italia è il paese più corrotto d’Europa. Del resto esistono varie ricerche le quali dimostrano che il coefficiente della corruzione, in Italia, è perfettamente in media con il coefficiente europeo, anzi è lievemente inferiore. L’Eurispes ci racconta come esista un baratro che divide la corruzione reale dalla corruzione percepita. L’Italia è il paese dell’Occidente dove la percezione della corruzione è la più alta. Non è però un paese particolarmente corrotto.
Qual è il motivo di questo gap tra realtà e percezione? Ci sono due motivi. Il primo è la particolare attenzione messa dalla magistratura italiana nel ricercare e colpire la corruzione. Specialmente – o quasi esclusivamente la corruzione politica. Finché questa particolare attenzione si esercita nel rispetto dello Stato di diritto e senza sfumature persecutorie, francamente, non c’è niente di male. Anzi, è un orgoglio poter dire: l’Italia è il paese che più di tutti gli altri paesi occidentali combatte la corruzione.
Quando invece questa attenzione supera i confini della legalità, dando il rango di “certezza” al sospetto, allora le cose si complicano. Ma ora non è di questo che vogliamo parlare. Restiamo al problema della divaricazione tra realtà e sensazione.
La seconda ragione di questa divaricazione riguarda non più chi indaga ma chi racconta. Cioè l’informazione. E qui non c’è più niente di cui andare orgogliosi. La stampa e la Tv italiane (e con effetto domino i social e i vari strumenti della rete) offrono una informazione gonfiata, falsata, unilaterale e scandalistica della corruzione e della lotta alla corruzione.
Prima di tutto ignorando sempre gli argomenti della difesa, che in genere vengono nascosti, oppure sbeffeggiati, indicando i difensori come complici, e stendendo un velo di silenzio su tutte le assoluzioni, le archiviazioni, gli errori giudiziari. Spesso gli organi di informazione vanno anche oltre, considerando colpevoli persone che non sono state nemmeno “indiziate”, lasciando dubbi sull’onorabilità delle persone assolte, quasi sempre violando il “segreto d’ufficio”, che non è una formalità ma è la garanzia, per la magistratura, di poter indagare liberamente senza compromettere il proprio lavoro e senza compromettere la dignità di un possibile (o probabile) innocente.
Torniamo al punto di partenza. Eurispes ci ha detto che la corruzione in Italia è un problema come in molti altri paesi sviluppati. Ma non è un’emergenza.
Vogliamo discutere invece della sicurezza? Ve ne abbiamo parlato tante volte e abbiamo snocciolato i dati. La criminalità in Italia esiste, ma non è superiore a quella degli altri paesi europei. Proprio come la corruzione. La criminalità violenta è decisamente la più bassa d’Europa e dunque del mondo. Il tasso di criminalità è in continua discesa da vent’anni. Mentre è in aumento il numero delle condanne e in fortissimo aumento (raddoppio) il numero dei detenuti. Questo non vuol dire che non si deve difendere la società dai fenomeni criminali, però è chiaro che non esiste un’emergenza sicurezza.
Eppure? Eppure l’ultima campagna elettorale è stata giocata quasi tutta su queste due emergenze. Emergenza corruzione ed emergenza sicurezza. Ed hanno funzionato benissimo. Perché in campagna elettorale la “percezione” conta mille volte più della realtà. È inevitabile. E se il sistema dell’informazione ha creato la percezione delle due emergenze, è chiaro che sono le due emergenze a dominare in campagna elettorale e a determinare il risultato.
Ora però la campagna elettorale è finita. Bisogna governare. E l’Italia è un paese che nel 2018 non si trova di fronte a nessuna emergenza. Si trova invece di fronte ad alcuni seri problemi strutturali, che vanno trattati per quello che sono: problemi strutturali.
Ne cito tre: la necessità di ridare slancio alla sua macchina produttiva; la necessità di dare maggior protezione al lavoro, cioè ai lavoratori (che da 25 anni hanno perduto moltissime protezioni); la necessità di ridare forza e inviolabilità allo stato di diritto.
Naturalmente non è facile affrontare insieme questi tre problemi. Perchè la scelta a favore di uno o dell’altro non è indifferente. Per capirci: ridurre il costo del lavoro aiuta il rilancio produttivo. Ma ridimensiona ulteriormente i diritti dei lavoratori. Così come aumentare la forza dello Stato di diritto, e della sua prevalenza sul mercato, aiuta la modernità, ma non aiuta certamente l’aumento dei profitti e, dunque, della produttività.
È qui che dovrebbe entrare in gioco la politica. Perché è alla politica che spetta la mediazione e il disegno di assieme. La politica – dico – non la politichetta. La politica degli statisti, non dei propagandisti.
Ecco, noi siamo a questo punto. Ci sono molte forze politiche in campo. Ciascuna con alle spalle una certa quantità di consenso. Benissimo: il consenso non basta più, occorre il programma, la visione del futuro, il progetto, il pensiero. Un’idea di società e un’idea di riforma. E’ inutile rifugiarsi dietro il vecchio slogan: affrontiamo le emergenze. Non ci sono emergenze, c’è un paese da ristrutturare.
Articolo di Piero Sansonetti
Fonte: http://ildubbio.news/ildubbio/2018/04/08/le-emergenze-immaginarie-sorelle-delle-fake-news/