di Franco Bianchi
L’attacco di panico può capitare in strada, all’aperto, ma anche alla fila della cassa di un supermercato. Lo si sente arrivare, si blocca il respiro, il sudore arriva insieme alla paura con una grande voglia di scappar via.
Viene definito attacco di panico una patologia collegata all’ansia, inserito nei più comuni disturbi psichiatrici, con una sintomatologia complessa, poiché si presenta con numerose sfaccettature e modalità. Si calcola che circa dieci milioni di italiani lo abbiano subito almeno una volta nella vita. Si presenta in adolescenza ed in età più matura, con un’incidenza maggiore nelle donne di circa tre volte rispetto agli uomini, con differenti modalità e la durata è di solito breve: scompare in poco tempo così come rapidamente sono arrivati i sintomi.
I principali e più frequenti sono rappresentati da:
– Tremori fini o a grandi scosse alle braccia e alle gambe.
– Dolore o fastidio al petto.
– Sudorazione.
– Sensazione di soffocamento.
– Respiro corto o sensazione di asfissia o iperventilazione.
– Sensazioni di sbandamento, di instabilità, di svenimento.
– Palpitazioni o tachicardia sempre più forte.
– Paura di morire.
– Sensazioni di torpore o di formicolio.
– Paura di impazzire o di perdere il controllo.
– Nausea o disturbi addominali.
– Sensazioni di irrealtà, di stranezza, di distacco dall’ambiente.
– Vampate o brividi.
– Forte aumento della pressione sanguigna (ipertensione) o, al contario, rapido crollo (ipotensione).
– Paura di stare sempre peggio e di non riuscire a riprendersi.
– Formicolio agli arti e alle mani.
Ma la sensazione interiore è di gran lunga più importante dei sintomi che si manifestano: infatti la percezione di paura, di stare per morire o di non farcela, prendono il sopravvento su qualunque altra considerazione.
La lettura del messaggio psicosomatico
Per la medicina allopatica questi attacchi derivano da generiche situazioni stressanti, qualche volta dalla genetica che predispone. Ma quale messaggio arriva, invece, dalla visione energetica?
La paura, di cui il panico è parte, deriva dalla percezione che vengono meno le modalità che ci danno sicurezza, sembra letteralmente di avvertire la terra che viene a mancare sotto i piedi. In età adulta, questi aspetti sono principalmente collegati con la casa, il lavoro, il denaro. In particolare: quando si parla di “casa” si intende tanto la costruzione fisica, quanto il concetto di casa, nel senso di famiglia.
Pertanto il problema potrebbe essere il non sentirsi a casa, l’avere rapporti litigiosi continui con altri membri della famiglia, incomprensioni, oppure la nostra dimora necessita di notevoli attenzioni a causa di guasti e di riparazioni continue. Riguardo alla relazione col lavoro, potrebbe riguardare o il fare un lavoro che non piace, oppure non andare d’accordo coi colleghi, il perdere continuamente il lavoro o il non riuscire a trovarlo, sentirsi sottopagati per la mansione svolta: insomma, non sentirsi ben valutati nel mondo lavorativo. Infine la relazione col denaro che spesso è collegata al lavoro, ma può essere anche svincolata da esso. In pratica rappresenta la cronica carenza di denaro, a prescindere dalla capacità o meno di procurarselo. Diventa evidente che la percezione di crisi economica o i disagi di varia natura che accompagnano ultimamente le nostre vite, rafforzino le possibilità di scatenare anche improvvisamente degli attacchi di panico.
Tutti questi aspetti affondano le loro radici nella relazione con la mamma, vero caposaldo della sicurezza in famiglia. Da un punto di vista archetipico, viene attribuito a lei il compito di rendere la casa un luogo bello e sicuro nel quale crescere, ma non sempre questo concetto viene recepito correttamente dalla prole: una madre che lavora, scelta indispensabile per far quadrare il bilancio familiare, potrebbe venir percepita dai figli come un abbandono o una mancanza di amore e vicinanza. Paradossalmente vale anche l’opposto: qualora un individuo dovesse sentirsi particolarmente al sicuro nella propria casa, potrebbe percepire il mondo in modo disagevole o perfino aggressivo nei suoi confronti: questo evidenzia ancor di più il difficilissimo ruolo che i genitori assumono. Una simile relazione creatasi in età infantile o adolescenziale potrebbe mettere le basi per un futuro attacco di panico, soprattutto in combinazione con un episodio scatenante: una difficoltà lavorativa, una tensione col denaro, con la casa e così via.
Un disturbo prevalentemente femminile
Come mai le donne sembrano soffrire maggiormente di questo disturbo rispetto agli uomini? La relazione con il genitore omologo, dello stesso sesso, è quella più importante: rappresenta ciò a cui dovremmo tendere verso l’età adulta. Quindi per le donne la relazione con la mamma è più delicata rispetto ad un uomo che, per contro, avrà nella relazione col padre il suo aspetto più rilevante. Sulla carta, le donne dovrebbero soffrire più degli uomini di sintomi legati alla relazione con la mamma, rappresentata dal primo chakra, mentre gli uomini dovrebbero mostrare più sintomi correlati al settimo chakra, quello collegato alla relazione col padre.
Infatti sembra proprio che sia così: sono le donne che, rispetto agli uomini, soffrono maggiormente di attacchi di panico, che hanno cellulite alle gambe, che sono anoressiche, disturbo anch’esso legato in buona parte alla relazione con la madre. Per contro, gli uomini soffrono maggiormente di calvizie, collegata al settimo chakra, ovvero la relazione col papà.
È interessante notare, infine, come lavora la pubblicità con le sue molle emozionali, quelle alle quali siamo più sensibili e che vengono sollecitate proprio per stimolare gli acquisti. La regola di base da utilizzare verso un target femminile, è far leva sulla sicurezza. Ecco perchè nei messaggi pubblicitari diretti al pubblico femminile, la parola sicurezza o un suo succedaneo, sia così utilizzata.
La ricerca di sicurezza è riconducibile, nelle donne, anche alla necessità ancestrale di avere un ambiente adatto alla crescita della prole. Ecco perché esse sono così sensibili ad una eventuale sensazione di mancanza di sicurezza.
Una buona soluzione può passare attraverso un’abitudine quotidiana a meditare, tecnica che permette di “staccare” e scollegare il mondo con la sua aggressività, permettendoci di percepire la nostra interiorità e anche il mondo attorno a noi, in maniera più armonica.
Articolo di Franco Bianchi
Rivisto da Conoscenzealconfine.itFonte: http://www.karmanews.it