Leggende di città perdute come Atlantide e El Dorado hanno sempre affascinato l’umanità nel corso dei secoli, a causa del loro mistero. Ma al largo delle coste della Micronesia si trova una vera e propria città misteriosa chiamata Nan Madol.
Nan Madol rimane uno dei misteri veramente inspiegabili del mondo. Le rovine di questa città abbandonata, in parte sommersa, siedono sulla riva orientale dell’isola di “Pohnpei”, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico meridionale. Pohnpei è una piccola isola che fa parte delle “Isole Senyavin”, che a loro volta fanno parte del più ampio arcipelago delle “Isole Caroline”.
Si tratta di un sito unico nel suo genere, in quanto è l’unica città antica conosciuta costruita in cima ad una barriera corallina e, soprattutto, per il modo in cui è stata edificata.
La misteriosa città è costituita da circa 90 isole artificiali collegate da una rete di canali. Nan Madol, infatti, significa ‘spazio tra’. Nella mappa sottostante si può vedere come le isole siano separate le une dalle altre dai canali. Nan Madol si è guadagnata l’ammirazione di molti archeologi per le sue strutture realizzate quasi interamente di blocchi di basalto colonnare lunghi tra i 5 e gli 8 metri.
Il basalto colonnare è una particolare forma di roccia vulcanica che durante il raffreddamento può assumere la forma di un prima esagonale o ottagonale, con strutture simili a quelle osservate nel “Selciato del Gigante” in Irlanda, oppure sulla “Torre del Diavolo”, negli Stati Uniti. Le mura della città sono state realizzate sovrapponendo alternativamente i blocchi di pietre, come si può osservare nelle immagini.
Gli archeologi stimano che il peso complessivo di tutto il basalto utilizzato per edificare la città raggiunga i 250 milioni di tonnellate! In media, ogni blocco può pesare fino a 50 tonnellate. Questo aspetto confonde gli archeologi: come è stato possibile posizionare in questo modo blocchi di basalto così pesanti?
Ad oggi, non esistono spiegazioni esaustive su come gli antichi abitanti di Nan Madol abbiano potuto erigere la loro città di pietra, dato che la dinastia Saudeleur, che regnò su Pohnpei tra il 500 e il 1600 circa d.C., non conosceva le pulegge, le leve e nemmeno il metallo. Per costruire la città, i pohnpeiani avrebbero dovuto posizionare circa 2000 tonnellate di pietra all’anno, per quattrocento anni senza sosta. Per molti archeologi, la città lagunare rappresenta un mistero inspiegabile.
La storia
La città, la cui costruzione è attribuita alla dinastia Saudeleur, è stata la capitale del regno fino a circa il 1628, e sede cerimoniale e politica del reame. In realtà, le fonti storiche verificabili sono molto poche. Quel che si sa è che Nan Madol era un centro d’elite, un posto speciale per la nobiltà e per i sacerdoti. La sua popolazione quasi certamente non ha superato le 1000 persone, anche se recentemente è stato sostenuto che non abbia mai superato le 500.
Presumibilmente, al centro della città doveva esserci l’ingresso per un tunnel per la fuga che, attraverso la barriera, conduceva verso il mare. Gli archeologi subacquei hanno trovato l’uscita, ma finora il tunnel completo non è stato esplorato. La tradizione sostiene che i costruttori della città di “Lelu” (analogamente costituita da enormi edifici in pietra) siano migrati su Pohnpei, dove hanno usato le loro abilità ingegneristiche per costruire l’ancor più imponente sito di Nan Madol. In realtà, la datazione al radiocarbonio indica che Nan Madol è più antica di Lelu, ed è quindi più probabile che Nan Madol abbia influenzato Lelu.
La leggenda
Secondo la leggenda, Nan Madol è stata edificata da due gemelli divini, Olisihpa e Olosohpa, superstiti della mitica “Katau” Occidentale (o Kanamwayso) distrutta da un cataclisma e sprofondata nell’oceano. I fratelli giunsero a Pohnpei a bordo di una grande canoa, alla ricerca di un luogo per costruire un altare in onore di Nahnisohn Sahpw, dio dell’agricoltura.
I due fratelli avevano la capacità di far levitare le enormi pietre con l’aiuto di un drago volante. Quando Olisihpa morì di vecchiaia, Olosohpa divene il primo Saudeleur. Olosohpa sposò una donna indigena, mettendo al mondo dodici generazioni, le quali garantirono altri sedici governanti Saudeleur. Il loro regno si concluse con l’invasione da parte di Isokelekel, i cui successori poi abbandonarono il sito.
Atlantide
Data la straordinaria tecnica costruttiva riscontrata a Nan Madol, alcuni ricercatori eretici hanno interpretato le rovine come i resti di uno dei continenti perduti della civiltà atlantidea, forse “Lemuria” o “Mu”.
Il primo ad avanzare l’ipotesi è stato James Churchward, nel suo libro del 1926, “Il continente perduto di Mu”. L’ipotesi è stata poi ripresa da diversi scrittori, tra cui il più noto è certamente Erich von Däniken, capostipite della “teoria del paleocontatto”.
Molti sub affermano che le rovine della città continuano al largo dell’oceano, a profondità che le normali attrezzature non permettono di raggiungere. Inoltre, i pescatori locali riportano la presenza di un’altra città simile chiamata “Kanemwesa”, anch’essa situata in acque molto profonde.
Certamente, Nan Madol è un sito che conserva numerosi enigmi e lascia molte domande senza risposta. Oggi è un distretto archeologico che copre più o meno 20 km². Ove fosse possibile, varrebbe la pena visitarlo, così da potersi immaginare a camminare sulle sponde della mitica civiltà atlantidea.