«L’adulazione non viene mai dalle anime grandi, è appannaggio degli spiriti piccini, che riescono a rimpicciolirsi ancor più, per meglio entrare nella sfera vitale delle persone intorno a cui gravitano». Honoré de Balzac
Il fenomeno dell’adulazione, per usare un termine “politically correct” – sebbene oggi sia considerato obsoleto servirsi della suddetta parola per riferirsi a quell’atteggiamento infimo e servile volto ad ottenere approvazioni o favori da parte di chi si trova nella scala gerarchica lavorativa o politica su un gradino superiore al proprio – è in costante aumento, soprattutto in Italia.
Sicuramente tutti coloro che lavorano, avranno avuto modo di assistere a scene tragicomiche di colleghi che del lecchinaggio ne hanno fatto un modus operandi, pur di non avere alcun problema con i cosiddetti capi o semplicemente per assicurarsi l’inserimento in gruppi lavorativi più influenti.
Ovviamente, così come accade con l’invidia, nessuno degli affetti da questa insolita forma di “aggregazione sociale”, ammetterà mai di aver adulato il capetto o il politico di turno per ottenere una promozione, un favore o una medaglietta di cartone.
I lecchini sono i primi a parlare di “meritocrazia”, di sfaticati che sono solamente “invidiosi” dell’eventuale incarico da loro avuto, nonostante chi li conosce bene, sia pienamente consapevole del modo in cui tale carica è stata ottenuta.
Dante relegava all’Inferno proprio i cosiddetti adulatori, nella Seconda Bolgia, dell’VIII Cerchio, completamente immersi negli escrementi per aver adulato i potenti per fini personali.
Difficile non condividere il pensiero del “Sommo” riguardo tale categoria di persone, in certi casi paragonabile agli ignavi, pronti a cambiare opinione a seconda degli orientamenti politici, religiosi o sessuali, della persona che desiderano adulare per ottenere dei vantaggi.
Facilmente riconoscibile, il lecchino è sempre pronto ad accorrere o a mettersi in vista, se il suo capo ha bisogno di un intervento rapido, e non si fa scrupolo alcuno a calpestare qualsiasi altro collega, sottraendogli un’idea e spacciandola per propria. Pur di far carriera e farsi apprezzare da chi detiene il potere, non disdegna alcun mezzo, persino illecito, per spiare il comportamento di coloro che dovrebbero essere i suoi compagni di lavoro e riportarne frasi, ben decontestualizzate e di cui si può anche mutare il contenuto, al suo capetto di turno.
Anche se la sua famiglia si accorge di certe azioni, il soggetto in questione non mostra alcuna vergogna della propria immoralità; anzi vorrebbe che le persone accanto a lui lo imitassero, perché in un mondo in cui viene attribuita molta importanza all’apparenza e poco a ciò che hai dentro il tuo animo, si va “avanti” solamente sgomitando, secondo il suo piccino e mediocre punto di vista.
Sottolinea continuamente di essere indispensabile, che “se non ci fosse lui” chissà come andrebbero le cose… non è in grado di guardare negli occhi il suo interlocutore per più di qualche secondo e cerca di confondere chi gli rivolge delle domande, dando delle risposte ambigue, con un linguaggio tecnico, spesso fuori luogo ed inappropriato, al fine di disorientare colui che si azzarda a rivolgergli la parola, su questioni di primaria importanza per l’andamento del lavoro collaborativo.Non è raro che il lecchino di moda non si degni nemmeno di darti una risposta.
Associabile per taluni aspetti anche alla categoria degli stupidi, è molto facile da riconoscere e da isolare, a meno che vi troviate in mezzo a colleghi altrettanto idioti, da non accorgersi che farà tutto il possibile per dividervi e mettervi l’uno contro l’altro; l’espediente “Divide et impera” è molto diffuso negli ambienti lavorativi e non solo nelle strategie belliche, ormai visibili agli occhi di tutti gli esseri pensanti.
Il lecchino ama complicare il lavoro altrui e, se non riesce nel suo intento, cerca, in modo più o meno subdolo, di fare in modo di mettere i suoi colleghi l’uno contro l’altro. In che modo? Semplice. Basta spargere un po’ di calunnie contro il collega che potrebbe essergli più d’intralcio e far sì che possa essere isolato, consentendo così a lui di emergere. Chi critica di fronte a tutti il tuo lavoro o addirittura le tue richieste per poter portare a compimento l’incarico che ti è stato assegnato, indubbiamente rientra in quella categoria, ed è meglio stare bene attenti a coloro che gli danno ragione, sempre e comunque, e non prendono mai alcuna posizione apertamente: sono anch’essi dei lecchini del lustrascarpe prediletto dal dirigente.
Il lecchino DOC spesso critica il capo, in modo più o meno velato, per farti esprimere un parere volto a caldeggiare il suo disappunto, in modo tale da potergli riferire le parole che hai pronunciato.
Il cosiddetto capo, a differenza del leader, ama circondarsi di adulatori, Yes Men”, o per essere più comprensibili, semplicemente di lecchini, perché nella sua visione alquanto ristretta della vita, ritiene che incutendo timore i suoi” dipendenti possano produrre maggiormente. Il capetto DOC che ama i lecchini, in genere occupa posizioni di rilevante importanza nell’ambito pubblico, perché nel privato, si accorgerebbe immediatamente, anche se provvisto di un solo neurone, che tale atteggiamento si ritorcerebbe contro l’azienda che dirige e perderebbe l’incarico in un batter d’occhio. Un dipendente stressato e costretto a lavorare in un clima di continua tensione produce molto meno del dipendente di un leader.
Un leader, infatti, non sa cosa farsene degli adulatori; è interessato unicamente ad un lavoro di squadra che possa garantire prestazioni lavorative in grado di far crescere l’azienda e non affossarla in antiquate gestioni feudali, utili solamente ad impedire la crescita della produzione a causa di dissapori e relazioni conflittuali tra colleghi.
Se l’apparato aziendale statale italiano non gode di ottima salute, non bisogna addossare la colpa al governo di turno, ma a certe dinamiche create da dirigenti inetti, circondati da lacchè, ed incapaci di trasmettere entusiasmo nei confronti di chi vorrebbe semplicemente dedicarsi al lavoro in modo sereno, senza doversi confrontare quotidianamente con colleghi o capetti “Io so tutto e voi non capite niente“. Non è necessario riportare esiti di studi operati in tale direzione per comprendere l’ovvio. Il leader si può paragonare ad un direttore d’orchestra che spiega umilmente come suonare in armonia con gli altri componenti e non si azzarda nemmeno ad usare i suoi collaboratori per fini più o meno leciti.
In Italia, così come in altri paesi in cui la mentalità feudale è difficile da estirpare, purtroppo i lecchini hanno spesso il sopravvento sul merito e quindi domandarsi per quale ragione il nostro paese cresca molto poco, risuona in modo stridulo alle orecchie di chi vorrebbe che la meritocrazia trionfasse.
Ma torniamo a quelle personcine denominate “adulatrici”. Come difendersi da questa invasione che somiglia sempre di più ad una delle piaghe d’Egitto? Non fare assolutamente nulla. Il silenzio è l’arma migliore. Così come non si può competere con uno stupido, è altrettanto impossibile per una persona sincera relazionarsi con gente di simil specie.
– Mai cercare di far notare agli altri che un collega si sta comportando da lecchino; bisogna sempre tenere bene in mente la Prima Legge Fondamentale di Carlo M. Cipolla che riguarda la stupidità: “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione“.
– Mai far notare ad un lecchino che si sta comportando in modo abietto: lo sa già, ne è fiero ed è pronto anche a denunciare chi gli muove una simile accusa (non aspetta altro, per illuminare la sua misera esistenza)
– Mai discutere con un lecchino; è pronto a manipolare qualsiasi tua affermazione. Tieni bene in mente quella legge usata dagli statunitensi quando arrestano qualcuno e godi del “diritto di restare in silenzio”, perché qualsiasi parola potrebbe essere usata contro di te. Non dimenticarlo mai.
– Non c’è proprio niente da capire dinnanzi ad un personaggio simile. È solo un povero arrivista e delle sue frustrazioni passate e presenti a noi non importa un bel nulla. Lasciamo simili speculazioni agli psicologi, che nel giustificare qualsiasi comportamento si guadagnano da vivere.
– Quando ti domandano un parere fai finta di non aver compreso il quesito, fingiti totalmente deficiente o ingenuo. Farai del bene al loro piccolissimo ego e ti risparmierai conseguenze noiose nella tua vita lavorativa.
– Tieni sempre bene in mente che la vita non è fatta di solo lavoro. Se qualcuno ti “supera” con mezzucci tipici da lecchino, lascialo pure fare; non ha nulla di più interessante nella sua grigia vita. Aiuterai un infelice a provare un minimo di ebbrezza e tu non avrai nemmeno sprecato un attimo della tua preziosissima vita.
Conclusione? I lecchini sono sempre esistiti ovunque sia sorta una gerarchia fondata sul timore e non sul merito. Bisogna farsene una ragione. Sono persone molto mediocri “dotate” di una furbizia intuitiva, che riuscirebbe a sconfiggere anche un premio Nobel. Abituati a farsi avanti nella vita cercando di far notare la loro presenza, interrompendo e sminuendo di fronte agli altri il malcapitato avversario, per vendicarsi di quella “natura matrigna” (di certo non intensa nel senso del nostro amato Leopardi) che non si è degnata di elargir loro dei doni che, secondo la loro visione piccina, li avrebbe agevolati nella vita, rilevano, tuttavia, una prontezza di riflessi dovuta probabilmente ad anni di frustrazioni e di studi dell’arte del leccare e di fregare il prossimo.
Dare loro importanza servirebbe solamente a metterli in rilievo. Ed in evidenza bisogna solo mettere i grandi, di certo non quei moscerini noiosi che ti ronzano intorno e cercano il modo di farti crollare. A schiantarsi, presto o tardi, saranno loro stessi, dato che, non spiccando in intelligenza, sono costretti a leccare per potersela cavare. Basta sedersi sulla riva del fiume ed aspettare con pazienza il loro primo passo falso: la maschera cadrà miseramente e voi vi sarete goduti il carnevale senza nemmeno pagare il biglietto.
Citando il poeta e scrittore Charles Bukowski: «La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto». Questo pensiero dovremmo sempre tenerlo bene in mente. Di seguito alcune citazioni sugli adulatori, i ruffiani, i tirapiedi o lecchini, come ognuno di noi preferisce chiamarli. Io preferisco chiamarli semplicemente esseri inutili, così come quei capi che adorano essere adulati.
È meglio capitare tra i corvi che tra gli adulatori: gli uni divorano i cadaveri, gli altri i vivi. Antistene
Chi sa adulare sa anche calunniare. Honoré de Balzac
Niente al mondo è più difficile della franchezza e niente è più facile dell’adulazione. Fëdor Dostoevskij
L’adulatore è un essere che non ha stima né degli altri, né di sé stesso. Egli aspira soltanto ad accecare l’intelligenza dell’uomo, per poi fare di lui quello che vuole. È un ladro notturno che prima spegne la luce e poi comincia a rubare. Denis FonvizinUomo su cui possa l’adulazione, è uomo senza difesa. Arturo Graf
I tiranni si circondano di uomini cattivi, perché a loro piace essere adulati e nessun uomo di spirito elevato li adulerà. Aristotele
Chi non sente amore deve imparare ad adulare, altrimenti non può cavarsela nel mondo. Johann Wolfgang Goethe
Non c’è nulla di più basso, e che meglio si addica al volgo, d’incensare con magniloquenza quegli stessi individui che si ritenevano mediocri prima della loro ascesa. Jean de La Bruyère
L’adulazione è un commercio di menzogne, fondato da una parte sull’interesse, dall’altra sulla vanità. Charles Rollin
Nell’adulazione c’è sempre calcolo, condito, nel migliore dei casi, d’ipocrisia; nel peggiore, di disprezzo. ibidem
L’adulazione procura gli amici, la sincerità i nemici – Obsequium amicos, veritas odium parit. Terenzio
Puoi facilmente giudicare il carattere di una persona, da come tratta coloro che non possono far niente per lui. Malcom Stevenson Forbes
Fonte: http://lacapannadelsilenzio.it